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Conversione di Paolo

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Atti degli Apostoli: la Chiesa

Gli Atti degli Apostoli sono stati scritti da Luca, che ha riportato i più importanti avvenimenti che hanno dato origine alle prime comunità cristiane.
Tra i personaggi principali troviamo Pietro e Paolo.

La conversione di Paolo

Egli era un ebreo di nome Saulo di Tarso, si era trovato a Gerusalemme durante il martirio di Santo Stefano ed era stato incaricato dai Sacerdoti del Tempio di scovare ed arrestare i seguaci di Gesù.andava a Damasco, ebbe una visione, cadendo da cavallo, sentì una voce:
"Saulo, Saulo perché mi perseguiti?" rimase cieco per tre giorni, così avvenne la sua conversione da allora egli fece quattro viaggi e scrisse molte lettere per guidare le prime comunità cristiane. Nei primi capitoli della lettera ai Galati (1,15 - 2,11), Paolo rievoca le principali tappe dei suoi primi quattordici anni di apostolato, fornendo una sorta di scaletta cronologica dei propri spostamenti, dal momento della "conversione “ fino all'accordo con Pietro sull'accettazione degli stranieri (cioè non ebrei) nella comunità dei credenti in Cristo Gesù, Figlio di Dio.

Il percorso del primo viaggio si snoda via mare, da Seleucia –  porto della metropoli siriaca –  a Cipro (con tappa a Salaminae a Pafo, la capitale amministrativa dell’isola, quindi in Asia Minore (sbarco ad Attalia, poi Perge di Panfilia, con la defezione di Marco, fino ad Antiochia di Pisidia, Iconio e le città della Licaonia, Listra e Derbe, e ancora Attalia), per far ritorno nuovamente ad Antiochia.

Poi fece ritorno a Gerusalemme dove partecipò alla riunione apostolica (si può dire primo concilio) che avrebbe deciso del ruolo di Ebrei e Gentili all’interno delle comunità proto-cristiane.


Nel secondo viaggio Paolo attraversò a piedi molte regioni dell'impero romano facendo ben 15 tappe, tra queste importantissima è quella di Atene.

Qui infatti Paolo fece un discorso all'acropoli dove disse agli Ateniesi che Dio Signore del cielo e della terra aveva risuscitato Gesù ed essi rimasero meravigliati e molti andarono via non credendo che un uomo possa risuscitare.

Paolo ricorda quest'avvenimento nella prima  lettera ai Corinzi dove dice:

" Dov'è il sapiente? Dov'è lo scriba? Dov'è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo? Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione.

I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza,  
ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Col suo terzo viaggio missionario, l’apostolo ripercorre le regioni dell’altopiano dell'Anatolia, raggiungendo qui rimase per più di due anni, insegnando dovunque di modo che tutti gli abitanti dell’Asia, sia Giudei che Greci, ascoltarono la parola del Signore.
Paolo ha un’attività apostolica tra viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di ladri, pericoli dai connazionali, pericoli dai Gentili, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli dai falsi fratelli, fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, digiuno frequente e freddo. Il Signore lo scelse per poter portare la sua Parola nel mondo.

Il quarto e ultimo viaggio di Paolo è davvero avventuroso.

Il viaggio di trasferimento in Italia – 2500 Km in linea d’aria, avvenuto dal settembre del 59/60 ai primi mesi dell’inverno successivo - fu alquanto avventuroso ed è descritto con tanti particolari marinareschi in Atti 27 e 28. Il drappello di prigionieri di cui Paolo fa parte è comandato dal centurione Giulio della coorte Augusta. I venti contrari e il sopraggiungere dell’inverno rallentano la navigazione. Un terribile uragano scuote per 3 giorni la nave, che va alla deriva: il carico è buttato in acqua, per 14 giorni non c’è tempo neppure per mangiare; la nave si arena sulla riva dell’isola di Malta e tutti i 276 imbarcati – chi a nuoto, chi su tavole – riescono a mettersi in salvo.
Anche in tali tragiche circostanze, Paolo era intervenuto autorevolmente almeno 5 volte, con esortazioni incoraggianti e avvalorate da una visione, con consigli di tecnica marinara, con la preghiera di ”ringraziamento” (l’Eucaristia?) prima di rifocillarsi; sempre guidato dalla preoccupazione di salvare la vita di marinai e prigionieri (cf At 27, 9-44).
Accolti dagli indigeni ”con rara umanità”, Paolo viene morso da una vipera aizzata dal fuoco acceso per asciugarsi dalla pioggia. Non producendosi gonfiore alcuno, gli indigeni lo scambiano per un dio. Publio, il ”primo” dell’isola, ospita tutti per tre giorni; Paolo guarisce suo padre ed altri malati; ne beneficiano tutti i naufraghi, colmati di onori. Dopo tre mesi, ripartono riforniti di tutto il necessario per proseguire il viaggio (cf At 28, 1-11).
Approdano a Siracusa e poi a Reggio, quindi a Pozzuoli, allora città di ben 65.000 abitanti e porto di Roma; alcuni fratelli li trattengono per una settimana. Dopo di che, probabilmente servendosi della via Appia, si avvicinano a Roma, città con abbondanza di dei, tutti i simulacri dei quali Augusto aveva collocato in un solo tempio, il Pantheon, e che allora contava circa 1 milione di abitanti, con circa 50.000 ebrei e 13 sinagoghe. Gli vengono incontro dei fratelli che già lo conoscevano, se non altro per aver loro scritto la più importante delle sue lettere tra il 55 e il 58, stando a Corinto. Si sta realizzando il suo progetto di confrontarsi anche con i cristiani della capitale dell’impero, «perché la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo» (Rom 1, 8). Nella lettera aveva promesso: «Per quanto sta in me, sono pronto a predicare il vangelo anche a voi di Roma» (Rom 1, 15). Anche la visione avuta a Gerusalemme l’aveva incoraggiato: «Tu devi rendermi testimonianza anche a Roma» (At 23, 11).
Siamo attorno al marzo del 61 e il prigioniero Paolo è tenuto in ”custodia libera”, una blanda cattività che gli consentiva di abitare in una casa, vigilata da un pretoriano, e di svolgere di fatto l’attività di un uomo libero (cf At 28, 12-16).
Son passati appena 3 giorni dall’arrivo in città e già Paolo convoca alcuni notabili giudei, per raccontare la sua vicenda e precisare loro che «è a causa della speranza d’Israele che io sono legato a questa catena » (At 28, 20). Molti di più convengono dove alloggia, in un altro giorno, interamente occupato da Paolo alla sua difesa e a proporre loro la conversione a Cristo. Alcuni aderiscono, altri dal ”cuore indurito” se ne vanno in discordia tra loro. Perciò Paolo, anche stavolta purtroppo, è quanto mai risoluto a rivolgere la salvezza di Dio ai pagani (cf At 28, 17-29).
Così si conclude la narrazione di Luca: «Paolo trascorre due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, annunciando il regno di Dio e insegnando loro le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo con tutta franchezza e senza impedimento» (At 28, 30).


La tradizione colloca il martirio per decapitazione  ad Aquas Salvias oggi Tre Fontane, ad Ostia tra il 64-67 durante di Nerone; sul luogo della sepoltura, non ancora totalmente confermato dalla ricerca archeologica, sorge oggi la monumentale basilica romana di San Paolo fuori le mura.


 
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